Alice Munro by Chi ti credi di essere

Alice Munro by Chi ti credi di essere

autore:Chi ti credi di essere
La lingua: ita
Format: mobi
pubblicato: 2013-10-12T22:00:00+00:00


Per un pezzo Rose non poté ascoltare nessuno di questi brani senza avere un particolare attacco di vergogna, come se le crollasse addosso un muro e le macerie la soffocassero.

Poco prima che Clifford partisse per la tournée, Jocelyn aveva chiamato Rose per dirle che la baby-sitter aveva dato forfait. Era il giorno della seduta dall’analista. Rose si offrí di tenerle Adam e Jerome. Non era la prima volta. Il tragitto era lungo, doveva cambiare tre autobus e portare Anna con sé.

In casa di Jocelyn il riscaldamento consisteva in una stufa a petrolio sistemata in cucina, e nell’enorme camino di pietra del piccolo soggiorno. La stufa era tutta una macchia; dal camino rotolavano cenere, legni carbonizzati, fondi di caffè e bucce d’arancia. Non c’era cantina e mancava l’asciugatrice. Piovigginava e gli stenditoi a soffitto e a terra erano carichi di lenzuola umide e grigiastre, pannolini e asciugamani ruvidi. Mancava anche la lavatrice. Le lenzuola le aveva lavate Jocelyn nella vasca da bagno.

«Niente lavatrice, niente asciugatrice, e in compenso va dall’analista», commentava Patrick al quale Rose qualche volta riferiva slealmente quei dettagli che sapeva gli avrebbe fatto piacere ascoltare.

«Deve essere matta», ribatteva Rose. E lo faceva ridere.

Patrick però non gradiva che andasse a tenerle i bambini.

«Certo che ti comanda proprio a bacchetta, eh? – diceva. – Mi stupisco che non ti sia ancora messa a lustrarle i pavimenti».

In realtà era capitato anche quello.

Finché Jocelyn era in casa, il disordine acquisiva un che di voluto e interessante. Ma via lei, risultava insopportabile. Rose si metteva al lavoro armata di coltello per scrostare gli schizzi di pappe dalle sedie di cucina, poi strofinava la caffettiera, lavava per terra. Ma si lasciava anche un po’ di tempo per curiosare. Entrava in camera da letto – doveva fare attenzione a Jerome, un bambino precoce e irritante – e si metteva a guardare la biancheria e i calzini di Clifford, buttati nel mucchio dei vecchi reggiseni da allattamento di Jocelyn e dei suoi reggicalze strappati. Controllava se sul giradischi era rimasto l’ultimo disco ascoltato, chiedendosi se quel brano l’avesse fatto pensare a lei.

Telemann. Poco probabile. Ma lo mise su lo stesso, per farsi un’idea di che cosa ascoltava Clifford. Bevve da quella che volle credere essere la sua tazza sporca della colazione. Coprí il tegame di paella da cui la sera prima Clifford si era servito per cena. Era a caccia di tracce della sua presenza (non usava il rasoio elettrico, bensí un anacronistico pennello da barba che teneva in una scodella di legno), ma avrebbe giurato che la vita di lui in quella casa fosse tutta una farsa e un’attesa, come la sua in casa di Patrick.

Quando Jocelyn ritornò, Rose si sentí in dovere di giustificarsi per aver pulito, ma Jocelyn non vedeva l’ora di parlare dell’ultimo scontro con l’analista che le aveva ricordato sua madre e convenne con l’amica che quella fissazione per la pulizia doveva essere una nevrosi da senso di inferiorità e le suggerí di cercarsi anche lei un dottore, se voleva uscirne.



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